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Il Libro della Giungla (The Jungle Book, 2016) - Jon Favreau, Disney

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Il Libro della Giungla (The Jungle Book, 2016)
Regia di Jon Favreau

Voci originali di Bill Murray, Ben Kingsley, Idris Elba, Lupita Nyong'o, Scarlett Johansson, Giancarlo Esposito, Christopher Walken (mica poco)

Voci italiane di Luca Tesei, Neri Marcorè, Toni Servillo, Alessandro Rossi, Violante Placido, Giovanna Mezzogiorno, Luca Biagini, Giancarlo Magalli (nota: non è un cast di starlette, il doppiaggio e adattamento sono splendidi e non si può recriminare nulla, interpreti immensi)

Partiamo subito da un presupposto, per toglierci via eventuali denti ed evitare perdite di tempo: questo adattamento live action è straordinario.

Tecnicamente siamo di fronte a un film girato bene, montato bene, con ottime musiche e un soggetto interessante. Da questa base svilupperò tutto il mio discorso. Può essere snobbabile a primo impatto (un remake live action? Di "roba vecchia" Disney? Quella Disney che sta distruggendo tutto?) ed essere considerato evitabile da occhio distratto: in realtà non ci sono molti aspetti su cui discutere, a parte l'ovvio giudizio personale e direttamente opinabile su eventuali falle\lacune\cambiamenti dalla trama originale.

E' innegabile essere costretti a trovarsi ad elogiare una regia stupenda e una fotografia a dir poco perfetta. E' vero: a volte, a pelle, si ha la fugace sensazione di "artifici" (ogni tanto si ha l'impressione che tutto sia un po' troppo perfetto, inquadrature, colori, scelta cromatica, disposizione delle scene). Ma è una idea che si abbandona presto e riappare saltuariamente: il film cattura, vibra e fa vibrare. Nemmeno qualche scena nella fase centrale, forse più dispersiva, si hanno comunque cali di attenzione particolari o noia generalizzata, grazie appunto ad un tecnicismo impressionante.

Le musiche colpiscono dritte all'anima, la fanno vibrare e si presentano in maniera perfetta - il tema principale, riproposto in vari arrangiamenti per tutta la durata della pellicola, è una rielaborazione dello stesso versione cartoon. La canzone di Baloo è decisamente molto più gradevole, meno invasiva e paradossalmente "più realistica" che nella versione animata. E' raro, se non impossibile, trovarsi un film live action con animali credibili che parlano e addirittura cantano. Non siamo sicuramente in Air Bud e in questi film del genere: qui siamo di fronte a qualcosa di più.

                                          

Il soggetto è conosciutissimo: per chi, in tenera età ha fatto comunque parte dei lupetti o associazioni scoutistiche (come me) può beneficiare di una ulteriore emozione extra a riguardo. Sono passati anni dalla mia ultima rilettura del libro di Kipling e alcune cose sono state riscoperte in maniera diversa in questa visione, apprezzando ulteriormente il punto di vista di Jon Favreau. Un tipo che, fino ad ora, ha diretto commedie del calibro di Elf (Will Farrell), Iron Man, Cowboys contro Alieni e robe simili. Tutti articoli tecnicamente nella "norma" e prodotti carini, in linea con il genere. Ma oh, qua, Favreau si supera e rasenta un tale livello di direzione artistica tale da applaudirgli in sala.

Personalmente non mi trovo ad essere molto legato al vecchio libro della giungla versione cartoon. Lo stile eccessivamente cartoonesco e ridimensionato mi è sempre sembrato "tradire" eccessivamente le tematiche del libro originale e l'ho trovato il sintomo di una enorme mancanza di coraggio, nonché un enorme peccato.  Il messaggio importante dei libri di Kipling era venuto un po' a mancare in adattamento, sia per esigenze di tempo che per rendere fruibile l'opera ad un pubblico prettamente infantile - ci vorranno ancora moltissimi anni, esattamente 27, perchè una sorta di rielaborazione tematiche tratte (almeno parzialmente) direttamente dal libro della Giungla potesse essere trasposta su chiave di lettura doppia (infantile e adulta), con un capolavoro ben più enorme e profondo, quasi un pinnacolo totale su tecnica, animazione, sceneggiatura e fusione. Parlo di The Lion King. Ma nel '67 i tempi non erano ancora maturi per qualcosa di veramente straordinario e ci si doveva accontentare di un ridimensionato fruibile solo per i ragazzini.

Nel 1966 Walt Disney era deceduto per un tumore polmonare - nel 1967 veniva rilasciato Il Libro della Giungla e, fino al 1970 non avremmo visto un nuovo classico animato Disney (The Aristocats - Gli Aristogatti), orfanissimo tra l'altro dal carisma di Walt, la cui mancanza "di piglio" in società in realtà si notava già da alcuni anni. 

Prima di allora avevamo avuto Mary Poppins, nel '64; nel '63 era uscito La Spada Nella Roccia e la Disney era già radicata comunque al mercato di intrattenimento live action con il finanziamento e la produzione di innumerevoli movie con persone fatte di carne e ossa (o ibridi). Non vi era ancora l'industria dei classici di animazione: non si produceva una volta all'anno animazione pura, piuttosto si alternavano film live o ibridi con re-release di vecchi successo. Nel '71 avremmo avuto Pomi d'Ottone e Manici di Scopa, per fare esempio.


La regia di Reitherman (direttore di moltissimi classici del periodo) non l'ho mai eccessivamente adorata - dei suoi movie animati ricordo con piacere solamente Robin Hood - e il movie animato originale di Jungle è stato per me, quindi, fonte di pochi visioni.

Ma Favreau si è rivelato immenso e non smetterò mai di ripeterlo. Propone un film indirizzato sia ad un pubblico adulto che ad uno infantile - sì, esattamente come i grandi classici Disney del periodo d'oro di metà anni 90 - e chiunque, ripeto, chiunque può amare e adorare questo "articolo di cinema". Dai conoscitori di movie leggermente più impegnati all'ultimo bambino che si commuove a vedere i lupetti che parlano, questo adattamento può potenzialmente comunicare letteralmente con tutti.

Ed è veramente questo il suo più grande pregio. Siccome al cinema si va comunque per vedere un film, immagini in movimento, sonoro e fusione d'insieme, la sceneggiatura è sempre stata per me una priorità relativamente importante (a meno che ovviamente il film non ponga appositamente con tecniche di verbosità e si proponga con la sceneggiatura e i dialoghi come punto di forza totale, o che proprio la sceneggiatura abbia lacune talmente evidenti da insultare la mia intelligenza) e quindi gli si perdonano anche alcune "licenze" dall'opera originale. 
In fondo, se voglio leggere il libro originale, leggo il libro originale, no? Un film deve parlare con le immagini e l'audio, prima di tutto. Dare una visione d'insieme, trasmettere un messaggio e fare emozionare senza cadere eccessivamente nello sterile o, più semplicemente, nel "poco convincente".

Tuttavia non è da sottovalutare la trasposizione esistenziale che Jungle impartisce - la dualità, le leggi
della natura a cui tutto (anche Shere Khan) sottostà in qualche modo, la ricerca dell'Io e dell'appartenenza ad una sorta di branco o a una società più complessa (come la Giungla stessa), le metafore e accostamenti sottintesi fanno parte di un simbolismo concreto e reale, su cui ogni bambino può riflettere interiormente - e in cui può anche riflettersi, perché no - sia in maniera conscia che inconscia. Questo non è un pregio intrinseco del film: i movimenti scout ci hanno costruito interi decenni di formazione. Piuttosto, Favreau ha avuto il pregio di trasporre e rielaborare il messaggio con anche una sceneggiatura (quasi già pronta a dir la verità) efficace, svelta e moderna, in linea quasi alla perfezione con i tempi registici.

C'è tanto da imparare da Jungle in the Book. Mowgli è un ragazzino che viene cresciuto da lupi, non è né lupo e né umano.
Akela, grande autorità saggia, rispettata e benevola, lo accoglie e gli impone quasi forzatamente di essere come loro, dimostrando il suo ruolo ed esprimendo addirittura una sorta di chiusura sociale e culturale; Bagheera, sorta di mentore, accompagna Mowgli e gli impone quasi forzatamente di essere come gli umani, per puro e gratuito affetto. Kaa, il serpente, accoglie Mowgli indipendentemente dal suo essere un umano o un animale: il suo intento è quello di "sedurlo" per poi divorarlo, quella è la sua natura, e intende farlo forzatamente. Shere Khan vuole forzatamente ucciderlo per i propri istinti. Louie, il Re delle Scimmie, accoglie Mowgli come solo strumento per la sua natura di conquistatore e vuole forzarlo a donargli il Fiore Rosso. Baloo invece lo accoglie e basta, un atteggiamento dovuto alla sua natura, tuttavia anche lui forza Mowgli a recuperargli il miele. Questo continuo forzare è la legge della Giungla, ed è infinitamente spietata. Nessuno potrà dirti chi sei in realtà e tutti avranno una visione forzata del tuo essere. Una cosa così importante deve essere scoperta da soli.

E' una legge naturale, che sta al di sopra delle regole auto-imposte dei branchi e degli animali: è la natura stessa a cui tutti devono sottostare che sovrasta le esistenze. Solo gli elefanti nel film hanno la capacità di essere visti come "tutori" della natura, simbolizzando il ponte di collegamento tra la legge dell'Universo\Natura\Mondo e quella auto imposta e accettata comunque da tutti i suoi abitanti, quasi facendo in parte la funzione di sacerdoti religiosi (sebbene gli elefanti qua siano molto, molto fisici e poco immateriali). Esattamente come noi, nel nostro mondo, ci imponiamo leggi di civiltà, Akela (e probabilmente anche le "tribù" di altri animali fanno lo stesso nel loro cerchio) impone la sua "visione" dettata dalle tradizioni. Ma, a differenza di noi, che oramai ci siamo dimenticati dell'essenza intima della natura e del mondo in sé, gli animali sono ancora legati all'intimità esistenziale con il mondo stesso, in maniera estremamente diretta, concreta e quotidiana.

Tutti gli animali della storia, compreso Shere Khan, seguono una loro natura e si rapportano senza
interrogarsi troppo a Mowgli. Chiunque di loro sa chi è e sopratutto sanno cosa vogliono da lui o per lui. Solo Mowgli è in discussione interiore: sa di essere un lupo, scoprirà per forza di cose anche di non esserlo. Non c'è "cattiveria" gratuita nella natura di tutti questi personaggi. Anche l'enorme tigre ha una natura crudele, ma è solamente la sua natura e per questo è temuto da tutti - se tutti noi siamo come Mowgli, se la nostra identità e il nostro "io" ci fanno vedere come un "apolide" nella nostra società, è anche vero che tutti noi potremmo diventare come Shere Khan. Crudeli e spietati. La nostra natura potrebbe essere come la sua. E questo ci fa paura.

Fa paura a tutti coloro che non sono "io". Nel momento in cui Mowgli brandisce il Fiore Rosso, tutti lo vedono come un "corpo estraneo" all'interno della società della Giungla. Ma è grazie alla nostra forza di volontà e alle nostre esperienze che possiamo, infine, deciderci a sapere cosa siamo. Si tratta solo di trovare la nostra natura. E la natura di Mowgli probabilmente è quella, perlomeno nel tempo del "presente" narrato nella pellicola, di essere semplicemente Mowgli, senza etichette o classificazioni. Lupo? Orso? Scimmia? Essere umano? Cosa siamo, se non noi? Mowgli accetta sé stesso dopo che "gli altri" lo hanno accettato a loro volta. Usa utensili, perché è un uomo; ma conosce anche la legge della Giungla, perché in parte non lo è. Lui è semplicemente lui.

Mowgli è costantemente messo a confronto con altre nature e altri stili di vita. È letteralmente nessuno, ma troverà la sua strada grazie alle esperienze e alle avversità della vita - così come tutti noi che viviamo in una giungla, anche se non vegetale. Anche noi veniamo toccati, cambiati, messi a confronto da eventi esterni; anche noi troviamo persone come Baloo, pronte ad accoglierci per loro natura e con cui di rimando andiamo d'accordo, così come possiamo trovare la crudeltà intrinseca di Shere Khan e la paura di non essere parte veramente di nulla. Ma ci sarà sempre qualcuno che, nel bene o nel male, ci farà ricordare chi siamo. Dobbiamo accettare la nostra natura ancora prima di comprenderla, e dobbiamo fare lo stesso anche con "gli altri", ovvero coloro che vivono al di fuori della nostra coscienza. 

Il Libro della Giungla va visto e rivisto, per capirne esattamente tutto il simbolismo e l'intrinseca bellezza che esso porta con sé. Va fatto vedere ai bambini e agli adulti. Andrebbe fatto vedere nelle scuole e discusso con la forza del gruppo. Forte di musiche orchestrali belle - che più belle non si può, di una realizzazione tecnica che va oltre la norma dello standard attuale, di un doppiaggio italiano veramente eccellente e di una rielaborazione profonda e concreta su più piani di livelli e concetti su cui riflettere, si presenta come una eccellente sorpresa che può potenzialmente piacere a tutti. E' tra l'altro, un bel film, indipendentemente da tutto e, al massimo, passerete 105 minuti discreti, se proprio non vi piacerà. Poi ci sono i cuccioli di lupetto che parlano: cosa volere di più?






Voto finale: 9.5\10
Unico rimpianto: non averlo visto al cinema

Se vi è piaciuto potete guardare anche l'originale per comparazione, non ha nulla da spartire con gli altri live action ('94, '98) che sono stati realizzati. 

Ovviamente consiglio il Re Leone se vi è piaciuto questo film - Jungle è praticamente il caposaldo da cui si andrà a sviluppare The Lion King, che brilla per intrattenimento, tecnica e che sdogana la chiave di lettura adulta nel cinema d'animazione occidentale, o perlomeno da parte della Disney. 
Il Re Leone (perdita di un genitore, ribellione interna, posto nel mondo e riconquista di un ruolo) successivamente passerà il testimone e la dimostrazione che tematiche veramente forti e profonde possono essere presentate in animazione anche per gli adulti, dando chiave di lettura coraggiosa e ardimentosa e avendo un forte impatto sociale e culturale, e lo farà ne Il Gobbo di Notre Dame (emarginazione sociale e tragedia esistenziale) e Mulan (emancipazione femminile). Eredità culturale che a tutt'oggi, continua in cosucce da poco come Zootopia (discriminazione sociale e l'imposizione dei ruoli "di nascita") o, proprio recentemente, Coco (tematiche sulla vita, morte, famiglia, che arriva anche al più grande dei miracoli, tra l'altro: mostrare persone morte e scheletri parlanti a bambini e a far accettare la cosa nelle società a radici cattoliche, dove storicamente non brilliamo troppo di gioia quando c'è la tematica della morte di mezzo). Se ci commuoviamo oggi per Coco al Cinema, lo dobbiamo anche a questa immensa storia di Kipling, in un qualche modo strano e bellissimo. Il sentiero è stato tortuoso, ma finalmente anche a 30 anni ora posso piangere in sala con film di animazione Disney... e ed emozionarmi a dismisura con il Libro della Giungla di Favreau in una fredda notte di fine dicembre. Massimo rispetto.

TRAILER DEL FILM




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